La grinta di Francesca
Secondo appuntamento delle interviste ai probabili convocati e protagonisti delle prossime paralimpiadi di Rio. Questa volta è il turno di Francesca Porcellato, campionessa di handbike che arriva dal veneto.
Sei una delle atlete paralimpiche italiane con la maggiore longevità agonistica; c’è un momento in questa tua mirabolante carriera che ricordi più vividamente? Si lega più ad una vittoria, un risultato o ad una sfida che sei riuscita a vincere con te stessa?
“Ho mille ricordi della mia lunga carriera: alcune sono vittorie, altre sfide vinte con me stessa. La prima medaglia vinta in assoluto, la prima vittoria paralimpica… ma anche la volta che ho conquistato il pass per le paralimpiadi di Torino e poi molto altro: il record del mondo nella maratona, la prima vittoria internazionale con l’handbike…”.
A differenza di altri atleti paralimpici, ho letto dalla tua pagina Wikipedia che l’incidente che purtroppo ti ha costretto sulla carrozzina è avvenuto in giovanissima età. Lo sport è sempre stato presente nella tua vita o è stata una risposta ad un determinato momento esistenziale?
“Sempre presente, il sogno di una bimba! Da quando mi hanno dato la prima carrozzina ho deciso che sarei stata un’atleta ed ho lottato per diventarla”.
Come ti sei avvicinata al mondo dell’handbike e quando hai capito che sarebbe stata la tua disciplina?
“Mi sono avvicinata quasi per caso, ritiratami dall’atletica leggera avevo necessità di trovare una disciplina che mi permettesse di fare la preparazione estiva per lo sci di fondo e ho individuato nell’handbike il mezzo più adeguato”.
Vedo che oltre all’handbike hai praticato e pratichi anche altri sport, quali ad esempio lo sci (in cui pure hai ottenuto ottimi risultati): questa alternanza fra le discipline è una tua scelta di cuore o dipende dalla complementarietà delle preparazioni?
“È stata una scelta di passione. L’atletica è stato il mio primo e grande amore, poi ho provato lo sci pensando non fosse per me e mi è piaciuto all’istante. Con l’handbike è stato un po’ diverso, all’inizio non mi esaltava moltissimo ma mi serviva come allenamento. Ad un certo punto non potevo più farne a meno, ero innamorata nuovamente. Devo dire che se ho potuto fare questi cambiamenti è perché le discipline sono complementari e le preparazioni si assomigliano molto, dunque fisicamente ero preparata per ognuna. Ho dovuto impegnarmi e non poco nella tecnica e nell’approccio mentale totalmente differente in ciascuna di esse”.
Poco tempo fa sei arrivata seconda assoluta alla Maratona di Venezia, sopravanzando molti atleti maschi. Ritengo sia un risultato inusuale e per certi versi stupefacente: credi che sia una questione di testa, di preparazione o è la disciplina che permette un non eccessivo livellamento delle prestazioni?
“A Venezia, non eravamo in molti e mancavano i top level di categoria, abbiamo corso gran parte della gara insieme più per divertimento che per agonismo, poi le mie doti da sprinter mi hanno regalato la seconda piazza. Le prestazioni maschi/femmine sono differenti come in qualsiasi disciplina sportiva, l’handbike non fa differenza”.
Sei stata insignita di numerose onorificenze da parte dello Stato Italiano, in ossequio ai tuoi risultati ed alla tua perseveranza. Pensi che l’attenzione che è stata data ai tuoi sforzi possa aiutare a rendere meno “di nicchia” il mondo dello sport per disabili?
“Ogni goccia d’acqua contribuisce a riempire il mare, penso che qualsiasi cosa fatta in maniera positiva possa aiutare il mondo paralimpico”.
Sei stata candidata ai Gazzetta Sports Award come Atleta Paralimpica dell’anno; su questo tema Vittorio Podestà si è espresso criticamente sulla sua pagina facebook riguardo la non-inclusione di atleti paralimpici in alcune categorie premiate (Ex. L’assenza di Martina Cairoli dalla performance “performance dell’anno, etc…). Ti chiederei le sensazioni che hai riguardo la tua nomination e la tua opinione in merito alla questione.
“Sono onorata della nomination, anche se penso non riceverò molti voti: non lavoro molto sulla mia immagine, preferisco concentrarmi negli allenamenti. Riguardo la questione sollevata da Vittorio, sono pienamente d’accordo con lui: anche noi italiani dovremmo adeguarci ai tempi moderni; gli atleti “paralimpici” sono atleti che si allenano, faticano e ottengono prestazioni tali e quali gli atleti “olimpici”, dunque non dovrebbero avere una categoria a parte e dovrebbero poter essere inseriti anche nelle altre categorie”.
Fermo restando che speriamo di vederti competere con successo ancora per molto tempo, pensi che fra le nuove leve qualcuna possa raccogliere il testimone di questa “generazione aurea” di atleti paralimpici a livello di risultati e capacità di squarciare il velo di Maya attorno allo sport per disabili?
“Spero più di qualcuna, ci sono nuove leve che si stanno mettendo in mostra, mi auguro colgano il testimone per rendere al mondo paralimpico l’importanza che merita”.
Classica domanda finale: quali sono i tuoi obiettivi per la prossima stagione? Ti stai preparando per le paralimpiadi?
“Si, mi sto preparando per Rio 2016, sarebbe la mia decima Paralimpiade e il mio ritorno ai giochi estivi”.
Grazie mille del tuo tempo, Francesca. In questo spazio finale, vorrei che esprimessi un tuo pensiero che vorresti lasciarci.
“Che possa il vostro lavoro accendere nuovi riflettori in questa disciplina che tanto valore ha ma è altrettanto poco pubblicizzata”.
Nicolò Rossi
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